

Beppe Sabatino
Giuseppe Sabatino, nato a Palermo nel 1961 ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo e vive tra Milano e Fano. Ha insegnato Decorazione per venticinque anni presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, attualmente insegna nel biennio di Decorazione contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Urbino
Il concetto di bellezza, soprattutto se si parla di arte italiana, presuppone la riconoscibilità di caratteristiche molto precise, tipiche, quasi, che appartengono alla storia dell’arte plurisecolare, se si segue un’individuazione formale che riguarda, ad esempio, l’arte rinascimentale, l’approccio ad una descrizione, ad una narrazione, legate a stilemi e a formule caratteristiche, è arricchito da un’ abbondante letteratura; nella contemporaneità l’approccio è completamente diverso. Ripercorrere a ritroso la storia artistica di Beppe Sabatino appare cosa ardua, poiché si tratta di approfondire un lavoro costante ed articolato, un’incessante ricerca condotta sul filo di una costruttiva ossessione che si manifesta attraverso tecniche e forme diverse.
Dipinti, installazioni, sculture, abitano il suo mondo in cui la vita, nelle sue molteplici forme, resiste caparbiamente all’intervento dell’uomo che pare oggi destinato all’estinzione. Il monito di Sabatino, raccontato con ironia, senza retorica, e modulato attraverso colori vivaci e giochi cromatici avvincenti, rinvigorisce quel rapporto tra l’artista e la sua creatività, che oggi più che mai, appare attuale, come vediamo nella serie di opere dal 1995 al 2003.
Sono passati davvero molti anni e il binomio natura – cultura si è trasformato conseguentemente. La natura è, oggi, ambiente, fatto di alberi e fiori, ma anche di web, di grandi transumanze di popoli, di catastrofi naturali e artificiali, di forme “virali” di socializzazione, quando quarant’anni fa bastavano i raduni musicali a riempire i parchi e gli stadi. L’interpretazione del mondo appare ancora più complessa, perché complesse da decifrare sono le incognite sul futuro della terra.
La natura è sempre più offesa dagli sciagurati interventi dell’uomo che tenta di sfidarla, con esiti devastanti, anche per il proprio futuro, e l’artista si serve di figure archetipiche come il pesce, declinato in tutte le circostanze possibili come simbolo di etica e, nello stesso tempo, monito per il domani. Il pesce, simbolo riconoscibile ai primordi della nascita del Cristianesimo, si affaccia da fontane, come un “profugo”, dalla serie omonima del 2012, solitario o in branco come forma a cui noi abbiamo dato identità e contenuti. In realtà questo esempio di natura è già mutato per nostra responsabilità e non sappiamo più cosa sia. Tuttavia quei pesci ci ricordano come eravamo e ci spronano a non ripetere gli stessi errori. Quella natura “matrigna” descritta da Giacomo Leopardi ci toglie dall’imbarazzo di un’ utopistica Arcadia e ci costringe a confrontarci con una realtà e un mondo di cui noi siamo una minima parte.
Ciecamente fiduciosi che il nostro punto di vista sia quello giusto, evochiamo a noi il giudizio che determina le nostre certezze.
Sabatino arricchisce la propria ricerca con ironia e autoironia. Ed anche i suoi pesci diventano “barocchi”, circondati da importanti cornici, ed escono dal perimetro del quadro; i colori vivaci non mancano, anzi, si accendono ulteriormente come fuochi, meteore, comete. Il blu, in particolare, è amato dall’artista, secondo quel concetto di spiritualità che, dal Blaue Reiter in poi, passando per artisti quali Yves Klein e, per andare molto indietro nel tempo, il blu di Giotto prenaturalistico, diventano moniti per una riflessione urgente sulla natura.
Il pesce, simbolo iconico dei primi cristiani, riappare nel tempo contemporaneo, e sottolinea il flusso eterno dei pensieri, quelli che accompagnano la storia dell’uomo. Amore, morte, origine, sogno, energia, volontà, perseveranza, speranza, concetti che si raccolgono tutti in questo piccolo animaletto che vive sott’acqua silenziosamente e che non è il minaccioso cetaceo descritto da Herman Melville, la nostra parte più oscura, che riemerge dalle acque nell’inesorabilità di un epilogo tragico.
L’arte ha origine dalla mente umana. L’esperienza visiva, indispensabile per il suo sviluppo, necessita di categorie che sono convenzioni utili alla comunicazione anche se, come sostiene Ernst Gombrich, lo schema delle categorie espresse non ci permette di avere accesso diretto ai datti sensoriali. Tutta l’arte, in questo senso, è concettuale, fondamentalmente da sempre, poiché non possiamo rispettare esattamente la realtà fenomenica. I pesci di Sabatino, che a volte cercano di fuggire dal loro habitat naturale violato dall’uomo, potrebbero anche riflettere l’idea di un nomadismo necessario, addirittura, vitale.
L’artista chiama a sé l’immagine evocata, la trasforma in un messaggio diretto rivolto a noi, al pubblico. Il pesce o i pesci escono dal perimetro della tela per trovare una soluzione alla loro esistenza. Non sono pericolosi, sono in pericolo.
Sabatino si muove liberamente tra pittura, scultura e installazione, consapevole della necessità di servirsi di più linguaggi e metodi di espressione. Tuttavia la sua cifra stilistica è inconfondibile, poiché coerente con il suo pensiero, anche quando vira su un'altra serie di lavori ,che sono realizzati con oro e catrame, tecnica che incontra il favore della sua attuale ricerca. Questi lavori evocativi suggeriscono, tra l’altro ,foreste immaginarie di paesaggi senza confini, dai quali emergono rami, alberi, esili figure, pesci. Dal mare alla terra ,sembrerebbe questo ,ma l’artista non spiega, e ci lascia immaginare tra luci e ombre ,tra suggestioni e percezioni diverse. Le rinnovate vibrazioni delle opere si affacciano, dunque, su nuove possibilità ,nel percorso che non conosce approdo.
L’arte è ossessione del fare, Beppe Sabatino accende la fiamma come un tedoforo contemporaneo.